UN ANNO IN RUCK

A volte stai correndo, hai la palla nelle tue mani e cerchi di andare con la massima velocità verso la meta.

I muscoli e la mente si preparano, sanno che qualcuno cercherà di impedirtelo, sanno che qualcuno cercherà di abbatterti, di placcarti.

Il tuo corpo è pronto all'impatto...mentre la mente continua a volare verso l'obiettivo e tu continui a correre.

In quei momenti non senti il freddo dell'inverno, non ti frena il terreno fangoso e neppure il dolore dei tacchetti su un campo arido e rinsecchito dal sole. La paura scompare, non ti interessano le botte, sei pronto ad entrare alla massima velocità, continui a correre, continui ad avanzare.

La mente è concentrata verso la meta, il cervello ragiona rapidamente. Sono questi momenti in cui si prendono delle decisioni, sbagliate o giuste che siano.

Sono frazioni di secondo, sono attimi a volte interminabili. O raggiungi la meta o commetti un errore.

Sono momenti importanti, hai la palla in mano e il destino della partita è nelle tue mani. Per pochi secondi sei tu che porti avanti la squadra, che avanzi per i tuoi compagni, sei tu che corri...corri per loro e con loro.

Ma nel Rugby hai 15 avversari e puntualmente qualcuno ti ferma, senti le braccia forti, senti i colpi sul tuo corpo. Tu insisti, cerchi di continuare a correre, ma tutto diventa difficile.

Il tuo corpo non può farcela quando in due o tre ti agganciano, ti placcano, ti bloccano le gambe, ti fanno cadere al suolo, ti gettano nel fango, nella neve, sulla terra secca e dura. Il "come " non è importante, loro ti vogliono fermare e fanno di tutto per riuscirci. Anche loro hanno un obiettivo.

In quel momento nasce il placcaggio. Tu sei il placcato e l'altro il placcatore.

Il sapore del placcaggio è unico. L'impatto con il terreno, l'odore del prato, il freddo del fango sul viso o la polvere che ti penetra nelle narici, sono sensazioni che ti rimangono nella mente per sempre.

In quel momento cadi al suolo con la palla tra le mani e sai che la devi abbandonare, è una regola:  Il placcato deve lasciare la palla e il placcatore si deve allontanare. è una delle regole principali di questo sport!!!

Hai corso, hai lottato, hai cercato di raggiungere la meta, ma ti hanno fermato. Sei a terra e la palla è nel suolo.

In quel preciso istante i compagni più vicini arrivano alla massima velocità, ti scavalcano con un piede e creano  uno scudo umano che difenda la palla e il tuo corpo. Fanno "PULIZIA". Cercano di allontanare gli avversari. Lo fanno con il massimo della forza.

Ma anche gli avversari arrivano con la stessa forza e velocità. L'impatto è forte tutti spingono, tutti cercano di impossessarsi del pallone.

In quel momento, nel preciso istante in cui due giocatori si abbracciano e si contendono il pallone al suolo con gli avversari. In quel preciso momento nasce la RUCK.

Tutti spingono, tutti colpiscono, tutti vogliono il pallone.

Tu sei il placcato e rimani sdraiato ed inerme ad aspettare che tutto finisca. Non puoi fare nulla.

Guardando una partita di Rugby le persone pensano alla lotta, al dolore alle botte. Se qualcuno di caro ti sta guardando pensa "Oddio finirà al pronto soccorso", "è la sotto..non lo vedo!!!!!",  "Lo stanno schiacciando"

In realtà quando ti trovi sotto una Ruck ti senti al "abbastanza" al sicuro, le gambe dei tuo compagni ed il loro corpo ti difendono. Certo vedere i tacchetti che passano a pochi centimetri dalla fronte non è molto tranquillizzante, ma il Rugby è così.

Quando sei sdraiato le emozioni si intrecciano, cresce la tensione e la paura che tutti  cadano sulle tue gambe fratturandole.

Cresce la voglia di rialzarsi mentre l'odore della terra avvolge i tuoi pensieri. Quell'odore che sentivi da bambino, l'odore del prato bagnato, l'odore del gioco.

Poi, di colpo, tutto finisce. La palla esce e corre verso il suo destino, che siano i trequarti o un'altra azione della  mischia non importa, la palla ricomincia a correre. È lei che deve arrivare in meta, non tu.

Quante volte ho festeggiato delle mete senza averle viste.

Festeggiavo senza aver visto un @azzo. La squadra esultava ed io ero felice. Festeggiavo, levandomi i fili d'erba e la terra dalla bocca. Festeggiavo solo perché tutti festeggiavano.

Io ero in Ruck, non avevo visto nulla, la palla era uscita e qualcuno aveva "FINITO IL LAVORO". Ma ero contento perché sapevo che anche il mio lavoro era servito...Festeggiavo anche se non avevo visto un @azzo!!!

Essere in Ruck è fantastico....(solo se si hanno dei compagni e degli amici, altrimenti son botte, dolori e delusioni)

In questo finale di anno bisestile stavo pensando ai problemi che hanno colpito sia il sottoscritto che molti miei compagni...

La crisi, le difficoltà del lavoro, le banche ma sopratutto la perdita di persone care o la malattia di chi ci sta vicino...Un anno difficile, veramente difficile..

Il 2012 è stato un anno in Ruck e molto probabilmente  il 2013 sarà ancora una partita difficile e tutti noi ci ritroveremo impegnati in qualche Ruck

Ma per raggiungere l'obiettivo, per permettere alla palla di tornare a correre, di andare avanti, dovremo aiutare tutti coloro che verranno placcati dalle difficoltà della vita. Dovremo fare pulizia intervenire e spingere lontano gli avversari, correre e passare il pallone, avanzare come una vera squadra di rugby.

Non importa se faremo noi la meta o se la vedremo realizzare. L'importante è solo che la squadra, la nostra famiglia, i nostri amici, i "nostri", riescano a raggiungere l'obiettivo.

Sostegno, questa è la parola magica per alzarsi e continuare a correre verso un obiettivo. Il sostegno dei compagni in campo e degli amici nella vita, il sostegno senza domande senza chiedersi perché.

SOSTEGNO E PULIZIA per spingere via lontano e con cattiveria tutto ciò che vuole fermarci.

Essere disposti a lottare per gli altri è il segreto per vincere. Il sostegno è il segreto della vittoria. Entrare in Ruck con tutte le forze per difendere un compagno in terra, anche se ti sta FONDAMENTAMENTE SUI COGLIONI.  Ma l'obiettivo è raggiungere la meta e anche lui è a terra per il mio stesso motivo.

Da  soli non si va da nessuna parte.. Prima o dopo arriverà un avversario che ti placcherà. E la vita quando placca fa male, molto di più di un avversario alto un metro e 90 centimetri e di 110 kg.
E se nessuno entrerà in Ruck  ti ritroverai da solo nel suolo e il fango non avrà un sapore romantico.

Il futuro ci aspetta, la partita sarà difficile e non so se la vinceremo. Ma di una cosa sono sicuro, ai miei compagni non mancherà mai il mio supporto.